sabato 18 marzo 2017

PANE VECCHIO






Ore nove del mattino. 
Sono già in ritardo per il lavoro. Schiaffo la macchina in tripla fila,  metto le regolari quattro frecce, balzo come un felino (…) giù dalla macchina e mi fiondo nella prima panetteria che mi capita. Tanto, in genere, il pane è tutto uguale, anche quello in panetteria: friabile, cartonoso, molle e con una vago retrogusto di finocchio, di anice –che siano i famigerati “miglioratori”? –quindi una vale l’altra.
Questa, poi, la conosco già: è senza infamia e senza lode, ci sono capitata già altre volte e ho trovato il solito pane e la solita pizza mediocri.
Però oggi la focaccia ha un aspetto diverso.   Più soffice, più ricco, con le parti belle unte di olio,  come piace a me, bianca e meno cotta dove acqua e olio sono stati più abbondanti. E anche il panettiere  è nuovo:  è un ragazzo giovane, avrà nemmeno trent’anni.  Ed è  anche simpatico, disponibile e disposto alla chiacchiera senza essere pesante: “se le piace più unta, di olio gliene metto quanto vuole”, mi dice. Mi sembra un buon esordio.
E poi vedo anche delle belle biovette.  Colorite il giusto, né troppo cottè né troppo chiare, mi fanno l’occhiolino dalla vetrina. “Mi dia anche due biovette, per favore”.
E poi mi azzardo a chiedere,  presagendo già la risposta: “Avete anche della pasta dura?”
“No, pasta dura non la faccio”.
E visto che il tipo è simpatico e socievole mi appresto a chiedere di svelarmi il segreto della pasta dura: “Ma perché in tutta Torino è quasi impossibile trovare della pasta dura?”
“Mah, non la mangia più nessuno, non la chiedono, non piace molto. Nemmeno a me piace..”
E nemmeno a me, in effetti: troppo secca, troppo asciutta, troppo friabile, troppo….dura! Ma a mio figlio,  a Gabriele, sì, quindi sono sempre alla ricerca di nuove panetterie che la vendano, per avere dei punti di riferimento.
Peccato che poi il simpatico panettiere aggiunga: “La pasta dura la mangiano a Ferrara, ma qui…la mangiano solo più gli anziani, i vecchi… è una pane da vecchi”.   Ah, grazie!  Che bel buongiorno!
E poi, non pago, aggiunge pure, sempre sorridendo: “E in effetti, anche le biove sono un pane da vecchi…le faceva nemmeno mio padre, le faceva mio nonno!”
Carino lui!
Prendo la mia focaccia, le mie biove, pago e risalgo in macchina.
Con il mio pane vecchio. O meglio, da vecchi.
Il tempo passa per tutti.  
E tutto ce lo ricorda, persino il pane che prediligiamo: inutile mettersi jeans e cuffiette, tutto potrà tradire i nostri lustri: pure un’innocente, calda, fragrante biovetta. 
O anche una pasta dura.




Foto: La confraternita della pizza, Taccuini storici

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