Da qualche anno a questa parte, si sta assistendo, durante il periodo di Pasqua, ad un
esecrabile quanto inesorabile (mal) costume: l’impazzare su web e social di
valanghe, di tonnellate, di camionate di pastiere napoletane, ormai
assurte a solo, unico dolce pasquale nazionale,
assieme ai due sempreverdi costituiti dalla classica colomba e dalle uova di
cioccolata.
Non si sa bene in quale preciso momento sia nata questa
tendenza uniformante della pastiera uber alles, ma di sicuro ha a che fare con lo sviluppo dei social e
della mania di far dolci a
casa. La pastiera, chissà perché,
da quel momento è diventata ovunque, in Italia, simbolo di Pasqua, dall'Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno e pure da Torino a Corfù.
Dappertutto, anche in quelle regioni che, tradizionalmente, non solo non consumavano tutte ‘ste gran pastiere in questo particolar periodo dell’anno, ma nemmeno durante tutti gli altri.
Ma guai a dirlo. Se ti azzardi a dire che la pastiera non ti piace, che la trovi pesante, massiccia e che dopo due bocconate ti si pianta in gola peggio del parmigiano, sei subissato da vagante di insulti online non ultimo quello di "razzista", che ormai va bene per tutto, anche per le pastiere napoletane o i bonet piemontesi. Piazza lì un "razzista" in un discorso e in men che non si dica ammutolisci l'avversario
Dappertutto, anche in quelle regioni che, tradizionalmente, non solo non consumavano tutte ‘ste gran pastiere in questo particolar periodo dell’anno, ma nemmeno durante tutti gli altri.
Ma guai a dirlo. Se ti azzardi a dire che la pastiera non ti piace, che la trovi pesante, massiccia e che dopo due bocconate ti si pianta in gola peggio del parmigiano, sei subissato da vagante di insulti online non ultimo quello di "razzista", che ormai va bene per tutto, anche per le pastiere napoletane o i bonet piemontesi. Piazza lì un "razzista" in un discorso e in men che non si dica ammutolisci l'avversario
Forse questo dilagare della pastiera ha anche a che fare col fatto che da tempo tutti i
supermercati si sono attrezzati per offrire comode confezioni di grano già
cotto, solo più da mescolare
assieme agli altri ingredienti per
andare poi a formare il ripieno del dolce, regalando così la soddisfazione di esser riusciti a fare nella propria cucina un dolce considerato un tempo difficile da replicare in casa, anche solo per la mancanza di un ingrediente fondamentale, vale a dire proprio il grano cotto.
E comunque, lasciatemelo dire: la pastiera, non è che sia poi tutta ‘sta gran bontà e
leggerezza. A parte quella
del buon Sal De Riso, che ne fa una versione leggera e “soffiata”, le pastiere ordinarie consistono in un semplice guscio di frolla ripieno di grano, assieme a uova e ricotta. In pratica, come fosse un panino di pane, grano nella farina della frolla e grano dentro il ripieno.
A me, e a diversi miei amici sinceri e obiettivi, non ha mai fatto impazzire. E non se ne fa questione
di campanili, di cucina migliore o
peggiore o di altre cose, ma solo di gusto. La pastiera, per i suoi detrattori nelle cui file mi pregio di appartenere, è comunque pesante, massiccia, e riuscire a mangiarne
una fetta intera è ardua impresa.
Vuoi mettere con un pezzo di cremosa e fresca cassata
siciliana, con la sua crema vellutata e
quel gusto di mandorle, di canditi, di fresca morbidezza che l’avvolge tutta?
Ma la cassata, non si sa perché, non ha avuto la stessa
fortuna del dolce napoletano, a livello
di dolce pasquale, e tutta la massa
di pecore omaggia sua maestà la pastiera. Meglio. Molto meglio per gli
happy few che potranno gustarsi le loro cassate in beato e splendido isolamento.
(Nella foto, una cassata realizzata da me: http://alcaffedelapaix.blogspot.it/2015/02/cassata-siciliana.htm
(Nella foto, una cassata realizzata da me: http://alcaffedelapaix.blogspot.it/2015/02/cassata-siciliana.htm
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