lunedì 29 maggio 2017

LE FRAGOLE, IL MERCATO E I PREZZI RIALZATI IL SABATO MATTINA





Un paio di settimane fa, approfittando del tempo regalatomi da una visita medica,  me  ne andavao tranquilla  al  mercato di Piazza Madama Cristina, qui a Torino,  a far rifornimento di fragole,  che in questa stagione non solo abbondano in ogni bancarella, ma che ormai spesso si trovano in grandi confezioni da mezzo chilo a soli 3 o 4 euro per due cestini.
Lasciamo perdere che la maggior parte delle  volte su due cestini acquistati uno sia  pieno per metà di fragole mezze marce, e  accontentiamoci del fatto le altre volte con pochi euro ti porti a casa una dose industriale di fragole. 
Ricordo esattamente che era un venerdì, e quindi,  visto  che a memoria potrei dire esser passati una ventina di giorni, posso con una certa sicurezza affermare che si trattasse di venerdì 5 maggio, proprio quello della poesia di Manzoni nonché della morte di Napoleone.
Bene, tenete a mente qusta data, perché non è irrilevante. 
Insomma, giro per il mercato e mi fermo a uno  dei banchi che fa quasi angolo tra via Madama Cristina e via Benardino Galliari e mi compro i miei bei due cestini di fragole della Basilicata per soli tre euro. 
Tutte fragole fresche, saporite  e zuccherine. Tant’è che nel giro della stessa giornata, sia fresche che sotto forma di crostata, io e Gabriele  ce le finiamo tutte.
Tanto che il giorno successivo, sabato 6 maggio sono nuovamente  al mercato di Piazza  Madama,  ad approvvigionarmi di fragole, stesso posto, stesso banco.
“Buongiorno, vorrei altri due cestini di fragole, le ho già prese ieri, erano molto buone…”
“Ah, sì, quelle della Basilicata, eccole. Fanno 8 euro, 4 euro a cestino”
“Ah…ma.. come, otto euro.. le ho prese solo ieri, stessa marca, due cestini, e li ho pagati tre euro tutti e due…”
“Ah…sì.. ma sa… oggi…”, balbetta la tipa.
E io, parlandole sopra, la prevengo: “Ah, sì, capisco, oggi è sabato e quindi  alzate i prezzi"(per spennare i poveracci – tra cui la sottoscritta- che non possono fa la spesa durante la settimana perché lavorano, e allora si riducono ad andare al mercato al sabato mattina, trovando i prezzi lievitati anche del 100% rispetto a quelli praticati durante la settimana, vorrei aggiungere. Ma lascio perdere.
E la tipa subito mi corregge: “No, no, non per quello…i prezzi sono aumentati perché…perché le fragole ormai stanno finendo!! Ecco, sì, stanno finendo. Sono praticamente le ultime!”
“Ma..come le ultime – ribatto io -  ci sono solo da nemmeno un mesetto”, puntualizzo,  giusto per far capire che non può prendermi così impunemente per i fondelli.
“Eh, sì, ma stanno già finendo..per quello le abbiamo aumentate rispetto a ieri..”
Lascio perdere, che vuoi ribattere di fronte a tanta faccia di bronzo?  Chiappo le fragole e me ne torno a casa.
E ora, veniamo ad oggi, sabato 27 maggio.
Sono di nuovo al mercato. Stessa piazza, stesso mare.

E’ un tripudio di fragole.  Belle, rosse, fresche, invitanti,  dipingono di un colore rosso accesso praticamente tutti i banchi di frutta e verdura. Non sono finite, anzi, ce ne sono un’infinità. Evidentemente sono finite solo nella mente e nelle intenzione di qualche commerciante disonesto che pensa di prenderti per i fondelli. E a volte, magari, ci riesce pure, ma non sempre. O comunque, non questa volta. 

sabato 27 maggio 2017

TRUMP NON E' UN SIGNORE. E' MOLTO MEGLIO.



Ok, Trump non è un signore.
Forse.
I suoi ostentati modi da cowboy infatti forse non sempre sono così naturali come potrebbero sembrare, ma potrebbero essere un'astuta mossa per rendersi ancor più cara l'opinione pubblica che lo ha votato e che ama i suoi modi spicci.
Ad ogni modo è ricco, potente, è stato eletto dalla maggioranza degli americani Presidente degli Stati Uniti d’America e tanto gli basta
E forse, nel segreto delle urne, la sua vittoria è stata anche dovuta ai suoi modi, alle sue idee, così esecrate in pubblico quanto forse apprezzate nel segreto di una cabina elettorale. Un po’ come cantava De Andrè quando diceva al vecchio professore che andava con ragazze di vita  “quella che di giorno chiami con disprezzo “pubblica moglie”, quella che di notte stabilisce il prezzo  alle tue voglie”.
Trump non nasconde nulla. Non fa mistero della sua ricchezza, delle sue idee su sicurezza  nazionale e confini, non scende con sguardo ebete dalla scaletta dell’aereo manina per manina alla sua consorte, né si fa ritrarre mentre sbaciucchia la stessa a ogni angolo come un cagnolino in calore. 
Lui se ne frega di tutto e di tutti, va al sodo e va avanti per la sua strada,  fedele al programma e alle idee per cui gli americani lo hanno votato. 
Non gli interessa il Nobel per la pace, né l’orto alla Casa Bianca a uso e consumo dei media e del popolino.   
A tutto questo ci ha già pensato Obama,  che oltre la cortina di sorrisi, mani nella mani con la sua Michelle, con la sua politica estera, soprattutto in Medio Oriente e in Siria, è stato riconosciuto universalmente dagli analisti internazionali come il peggior Presidente della storia degli USA, e le cui conseguenze delle sue azioni paghiamo a caro prezzo soprattutto noi europei. Ma Obama era trendy, abbronzato, sorridente, radical chic e considerato, a torto, un pacifista. Però bucava lo schermo e raccoglieva il consenso del  popolino e dei pari suoi.
Trump se ne frega di tutto ciò. 
Lui è quello che prende a spintonate il primo ministsro del Montenegro per arrivare in prima fila, per portare in prima fila ciò che rappresenta: "Io sono l'America", sembra dire con orgoglio Trump, e sto giustamente in prima fila. 
Ma soprattutto è stato l’unico al G7 a cercare di porre un freno alle dissennate politiche europee, tutte in mano a gioiosi figli sinistrorsi del ’68, che prevedono l’accoglienza indiscriminata per tutti e verso tutti, portando a tassi di criminalità nel nostro territorio a livelli sempre più elevati, con costi insostenibili. Trump è stato l’unico che ha ricordato all’Europa che no, anche volendo non si può accogliere tutta l’Africa né tutto il medio oriente, che i confini e la sicurezza nazionale vengono prima di ogni politica di accoglienza e che lui, cioè l’America, non intende più cacciare un centesimo per assencodare le nostre deliranti politiche di accoglimento, una vera manna per ong, cooperative e altri enti che guadagnano sulla pelle di migliaia di disperati.
Ma tutto questo è passato in secondo piano. In primo piano c’è solo lo spintone al primo ministro, e non le idee che Trump porta avanti, e su  cui saremo sicuramente tutti d’accordo tra qualche anno, quando comunque sarà troppo tardi, soprattutto per i nostri figli. Come a dire che, mentre il saggio guarda la luna, lo stolto guarda il  dito.

Immagini: Il Corriere

sabato 20 maggio 2017

AVVINAZZATE DI TUTTO IL MONDO, ECCO LA VOSTRA BORSETTA!




Avvinazzate di tutto il mondo,  rallegratevi!
Gioite, perché da oggi potrete dare ristoro alle vostre ugole assetate di Brunello e di Barbera  portandovi con voi a spasso tranquillamente il vostro vino da casa.  
Pfui alle debosciate modello  Paris Hilton  che nella borsetta ci portano il vezzoso cagnolino, magari  mortificato con delle terribili méches rosa-confetto.  Noi, invece, galle tutte d’un pezzo, nella borsetta ci teniamo il Lambrusco e ce lo sbevazziamo quando vogliamo.
E soprattutto "quanto"  vogliamo:  grazie alla comoda borsa-novità, che da fuori sembra una normalissima borsetta da passeggio di taglia medio-grande come si usa ora,  ma che dentro in realtà nasconde un’intera cambusa. Nella capiente borsetta, infatti, sono celate due buste in materiale plastico che a occhio e croce tengono la bellezza di un litro l’una, e  dotate di regolare apertura che va a terminare in un’apposita finestrella apri- e-chiudi che dà sul pellame della borsa, come potete vedere qui , su Viral Thread.
Quando ci si vorrà fare un goccetto, o meglio traccannare un intero quartino, basterà aprire lo sportellino,  a mo' di spillatrice, e subito uscirà il nostro vino preferito.  Dovremo solo ricordarci di portarci appresso un capiente bicchiere, meglio se da mezza pinta minimo, e  potremo alcolizzarci dove riteniamo più apportuno: in pullman, in ufficio, alla riunione della scuola o anche, perché no, su una  panchina in un parco, nel perfetto stile barbone.
Sinceramente, diciamolo, sentivamo la mancanza di una tale scoperta, e di sicuro tutte noi, alcoliste abituali,non mancheremo di acquistare la prodigiosa borsetta delle meraviglie, disponibile anche su Amazon, in versione più spartana, al modico prezzo di circa 25 euro.
Solo un problema: come faranno i maschietti,  visto che presumibilmente non sarà proprio il massimo delle loro aspettative andare in giro con  una borsa indiscutibilmente da donna, magari di un bel colore rosa shocking? Beh, a loro restano diverse alternative: o rassegnarsi alla borsone fashion oppure ritornare alla vecchia borraccia modello pirati dei Caraibi. O ancora, infilarsi nel primo bar che trovano per degustarsi in santa pace un buon Chianti, magari con due grissini fragranti e qualche fetta di salame nostrano. 
Poverini, che banalità, in confronto alla nostra bella borsa ripiena di vino....


venerdì 19 maggio 2017

VENEZIA, TORINO, IL RAGAZZO COL SORRISO E IL POLLO ARROSTO




Entro in  una delle tante rosticcerie Santa Rita che allietano il territorio di Torino. Gabriele non ha voluto andare in giro a Venezia, così lo ripago della mancata vacanza con pollo e patatine fritte della famosa catena di rosticcerie torinese, che per lui valgono più di tre Venezie e di quattro Roma.
Mentre aspetto le patatine fritte, che la commessa mette sempre a  cuocere appositamente per Gabriele e che sono cotte, calde  e fragranti in tre minuti, entra un ragazzo. 
Giovane, sui venticinque anni, vestito normalmente, con jeans e maglione,  ma quello che lo contraddistingue sono due occhi azzuri  sorridenti,  felici, amichevoli e pacifici, e un sorriso discreto ma deciso che gli illumina il viso. 
Un tipo così lo noti subito, perché sembra che voglia bene al mondo. Certo, è anche un po’ stralunato,e porta sotto braccio un sacchetto del mercato da cui fuoriescono degli asparagi. Lo porta sotto braccio, così, come se fosse un libro, o comunque una cosa preziosa. Fatto sta che guarda il bancone e poi, sempre sorridente, lui, il sorriso e i suoi asparagi, ordina:
“Quanto fa mezzo pollo?”
“Tre euro e 80 centesimi”, risponde la commessa.
Il ragazzo prende il portafoglio, ci ravana dentro per qualche istante e poi tira fuori un po’ di monetine. Le mette tutte su una mano, e poi inizia a contare. Mentre aspetto che le patatine siano fritte a dovere, io osservo la scena. Il ragazzo sembra avere delle perplessità, dei dubbi, riconta le monete con calma e attenzione un’altra volta. Poi, senza dire nulla, sempre sorridendo e molto educatamente, sorride, saluta e se ne va. 
E lì, qualocsa mi salta in mente. Agile come un felino, balzo sulla porta, lo chiamo e gli dico: “senti, scusa.. ehm… qualcosa, non va? Ehm.. manca qualcosa?”
Il ragazzo, sempre felice mi guarda e risponde: “Come, scusi?”
“Ma sì, chiedevo se.. per caso manca qualcosa…qualche spicciolo…per il mezzo pollo,sa..”
“Ah, sì, fa lui, ma non importa, non fa nulla..”
“Ma.. quanto le manca?”
“Novanta centesimi”.
“Senta, io li ho, non stia ad andare a casa a prenderli….li prenda, veramente!”, e intanto  gli sporgo un euro.
Non so come fare a dirgli  che voglio mettere la piccola differenza senza offenderlo. Il ragazzo non è un accattone, non  è un rompiscatole, sembra solo un po’ spaesato, sperso, e mi viene il magone al pensiero che per pochi centesimi dovrà rinunciare al suo mezzo pollo arrosto. Forse perchè penso a Gabriele, se rimanesse per un soffio senza il suo pollo, e la cosa mi sembra più insopportabile di ogni altra umana sciagura.
“Ah,… ma… allora, la ringrazio tanto. Davvero, è stata gentile..!", mi dice lui.
Non faccio in tempo a rispondere con i convenevoli di rito a base di mano, masifiguri, machevuolchesia, che lui mi guarda, prende il suo prezioso pacchetto di asparagi e me lo porge: “Vuole due asparagi? Li prenda, veramente”. Me li offre con tutto il cuore, si vede.
“No no, grazie, veramente, non si preoccupi”. Non sto a specificare che gli asparagi manco mi piacciono.
Il ragazzo ordina il suo pollo, tutto contento, mi ringrazia ancora  e se ne va.
E io sono contenta, con o senza asparagi: oggi, grazie a pochi cents, il ragazzo col sorriso potrà mangiarsi in santa pace il suo mezzo pollo, e io sono stata parte di questo lieto evento!  
A volte, si è semplicemente  nel posto giusto e nel momento giusto.

giovedì 11 maggio 2017

IL MIO TELEFONO MI FA PURE IL CAFFE'! MA IO VADO AL BAR.....



Ve la ricordate la vecchia battuta?
“Ormai col telefono  si sa l’ora, si guardano le previsioni del tempo, si fanno le foto e tra poco ci farà pure il caffè”.
Bene,  oggi possiamo finalmente dire che  quel “fra poco  ci farà pure il caffè” si è finalmente avverato:  grazie a una speciale cover  ideata  dagli imprenditori Clemente Biondo e Luigi Canfora, il nostro telefono sarà in grado di offrirci in una manciata di secondi un caldo e tonificante caffè, come riporta Il Giornale.
Il funzionamento è molto semplice: Mokase – questo il nome della progidiosa cover – è provvista di uno speciale alloggiamento dove inserire una cialda di caffè, la cui erogazione verrà da noi avviata tramite un'apposita App sullo smartphone. E nel giro di pochissimi secondi,  un caldo caffè ci verrà servito  nella modalità  che preferiamo:  classico, tostato, miscela arabica, con o senza zucchero, non ci sono limiti per il nostro caffè, nemmeno di tempo: infatti, la cialda, sottovuoto, è avvolta  in un materiale che ne consente la conservazione per ben tre mesi,  ed è stata studiata appositamente per far uscire  fluidamente e senza interruzioni l’aromatica bevanda.
Al momento le versioni di cover  in produzione riguardano  l’IPhone 6, 6S, 7  e 7 plus, insieme ad alcuni modelli Samsugn, Huawei e LG G5, prodotte da un impianto in grado di  realizzare circa 11.500 pezzi al mese, ma gli ideatori,  in base alla risposta del mercato, stano già pensado di ampliare la capacità produttiva.
Non resta che aspttare settembre, quando le prodigiose cover saranno immesse sul mercato, per poter finalmente dire “sì, il mio telefono mi fa anche il caffè!”.
Davvero ne sentivamo la mancanza? 
Ok, mentre ci pensate, io vado al bar a farmi un espresso, bella comoda, seduta al tavolino con il giornale davanti e un morbido croissant per iniziare bene la giornata.  

Tutte cose che la magica cover non può (ancora) procurarmi.


Crediti e foto: Il Giornale

mercoledì 3 maggio 2017

BIRRA? SI', MA SOLO SE VEGANA!



Hamburger? Vegani! Hot dog? Sì, ma vegani. Latte? Vegano. Formaggio? Pure quello.
Vegani ovunque, comunque e dovunque.
Tutto oramai deve essere conforme alla nuova religione vegana, a tal punto che tutti i cibi ormai vengono guardati con sospetto, con  circospezione, nel dubbio che dal  piatto di apparentemente innocuo risotto al pomodoro sbuchi  a tradimento un pezzetto infinitesimale di carne, testimone inconfutabile  di brodo preparato non soltanto con  carote o zucchini, o che nei biscotti vegani amorevolmente preparati dalle mani della nonna ci sia finito – per sbaglio o  magari per un bieco tentativo di boicottaggio premeditato ai nostri danni  -    del letale burro invece che  un sano olio di semi di girasole.

Ormai, il  consumo di prodotti vegani è diventato il solo stile di vita in grado di assicurarci un in sol colpo un'aura di santità insieme ad un  posto in Paradiso, e “vegano” è diventato un aggettivo imprescindibile,  salvifico,  che aggiunto a qualsiasi tipo di prodotto lo nobilita e lo rende degno di esistere; tutto, persino la birra.
Sì, la birra.
Che,  udite udite, potrebbe anche non essere una bevanda totalmente veg, come molti di noi pensavano.
Sembra impossibile infatti  che una bevanda a base di malto e luppolo possa celare al suo interno una perfida insidia di origine animale, eppure è proprio così: nel  processo di fabbricazione della birra, infatti,  è spesso utilizzata  la colla di pesce, una sostanza gelatinosa ricavata una volta dalle vesciche natatorie dei pesci e ora dalla cotenna dei suini -  tra l’altro molto usata anche come addensate in pasticceria  -  per filtrare impurità e residui di lavorazione. 
Ed  è proprio per questo che una delle più antiche case produttrici di birra, la Guinness,  ha deciso, dopo 257 anni di storia e tradizione, di cambiare la  collaudata ricetta per venire incontro alle attuali e imprescindibili esigenze vegane, come riporta Il Sole24 Ore.
Ad annunciarlo è il quotidiano francese Les Echos, e pare che tutto sia partito da una regolare petizione  lanciata da un cittadino di Manchester, dove evidentemente, considerata  la lunga tradizione di consumo della bionda bevanda, la questione della birra non pura, cioè non  vegana al 100%,    costituiva un serio problema, tale da dare inizio ad un’azione  collettiva.
“La colla di pesce è usata da decenni nel settore della birra come mezzo di filtrazione  - avevan già fatto sapere i responsabili della Guinnes nel corso del 2015 -. Tuttavia, a causa di questo (cioè dell’uso di  prodotti animali nel processo di lavorazione, n.d.r..), non possiamo etichettare la Guinness come totalmente  compatibile con le diete vegane e vegetariane, e  stiamo cercando di trovare un’alternativa”.
Così, anche la Guinness potrà finalmente fregiarsi del prestigioso appellativo: vegana.

E rifulgere  nuovamente di luce propria, ovviamente vegana pure quella.

Crediti: il Sole 24 Ore