Hamburger?
Vegani! Hot dog? Sì, ma vegani. Latte? Vegano. Formaggio? Pure quello.
Vegani ovunque, comunque e dovunque.
Tutto oramai deve essere conforme alla nuova religione vegana, a tal punto che tutti i cibi ormai vengono guardati con sospetto, con circospezione, nel dubbio che dal piatto di apparentemente innocuo risotto al pomodoro
sbuchi a tradimento un pezzetto
infinitesimale di carne, testimone inconfutabile di brodo preparato non soltanto con carote o zucchini, o che nei biscotti
vegani amorevolmente preparati dalle mani della nonna ci sia finito – per sbaglio o magari per un bieco tentativo di boicottaggio
premeditato ai nostri danni - del letale
burro invece che un sano olio di
semi di girasole.
Ormai, il consumo di prodotti vegani è diventato il solo stile di vita in grado di assicurarci un in sol colpo un'aura di santità insieme ad un posto in Paradiso, e “vegano” è diventato un aggettivo imprescindibile, salvifico, che aggiunto a qualsiasi tipo di prodotto lo nobilita e lo rende degno di esistere; tutto, persino la birra.
Sì, la birra.
Che, udite udite, potrebbe anche non essere una bevanda totalmente veg, come molti di noi pensavano.
Sembra impossibile infatti che una bevanda a base di malto e luppolo possa celare al suo interno una perfida insidia di origine animale, eppure è proprio così: nel processo di fabbricazione della birra,
infatti, è spesso utilizzata la colla di pesce, una sostanza
gelatinosa ricavata una volta dalle vesciche natatorie dei pesci e ora dalla cotenna dei suini - tra l’altro molto usata anche come
addensate in pasticceria - per filtrare impurità e residui di
lavorazione.
Ed è proprio per
questo che una delle più antiche case produttrici di birra, la Guinness, ha deciso, dopo 257 anni di storia e
tradizione, di cambiare la collaudata ricetta per venire incontro alle attuali e
imprescindibili esigenze vegane, come riporta Il Sole24 Ore.
Ad annunciarlo
è il quotidiano francese Les Echos, e pare che tutto sia partito da una regolare
petizione lanciata da un cittadino
di Manchester, dove evidentemente, considerata la lunga tradizione di consumo della bionda bevanda, la
questione della birra non pura, cioè non vegana al 100%, costituiva un serio problema, tale da dare inizio ad un’azione collettiva.
“La colla di
pesce è usata da decenni nel settore della birra come mezzo di filtrazione - avevan già fatto sapere i
responsabili della Guinnes nel corso del 2015 -. Tuttavia, a causa di questo
(cioè dell’uso di prodotti animali
nel processo di lavorazione, n.d.r..), non possiamo etichettare la Guinness
come totalmente compatibile con le
diete vegane e vegetariane, e stiamo cercando di trovare un’alternativa”.
Così, anche la
Guinness potrà finalmente fregiarsi del prestigioso appellativo: vegana.
E
rifulgere nuovamente di luce
propria, ovviamente vegana pure quella.
Crediti: il Sole 24 Ore
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