sabato 27 maggio 2017

TRUMP NON E' UN SIGNORE. E' MOLTO MEGLIO.



Ok, Trump non è un signore.
Forse.
I suoi ostentati modi da cowboy infatti forse non sempre sono così naturali come potrebbero sembrare, ma potrebbero essere un'astuta mossa per rendersi ancor più cara l'opinione pubblica che lo ha votato e che ama i suoi modi spicci.
Ad ogni modo è ricco, potente, è stato eletto dalla maggioranza degli americani Presidente degli Stati Uniti d’America e tanto gli basta
E forse, nel segreto delle urne, la sua vittoria è stata anche dovuta ai suoi modi, alle sue idee, così esecrate in pubblico quanto forse apprezzate nel segreto di una cabina elettorale. Un po’ come cantava De Andrè quando diceva al vecchio professore che andava con ragazze di vita  “quella che di giorno chiami con disprezzo “pubblica moglie”, quella che di notte stabilisce il prezzo  alle tue voglie”.
Trump non nasconde nulla. Non fa mistero della sua ricchezza, delle sue idee su sicurezza  nazionale e confini, non scende con sguardo ebete dalla scaletta dell’aereo manina per manina alla sua consorte, né si fa ritrarre mentre sbaciucchia la stessa a ogni angolo come un cagnolino in calore. 
Lui se ne frega di tutto e di tutti, va al sodo e va avanti per la sua strada,  fedele al programma e alle idee per cui gli americani lo hanno votato. 
Non gli interessa il Nobel per la pace, né l’orto alla Casa Bianca a uso e consumo dei media e del popolino.   
A tutto questo ci ha già pensato Obama,  che oltre la cortina di sorrisi, mani nella mani con la sua Michelle, con la sua politica estera, soprattutto in Medio Oriente e in Siria, è stato riconosciuto universalmente dagli analisti internazionali come il peggior Presidente della storia degli USA, e le cui conseguenze delle sue azioni paghiamo a caro prezzo soprattutto noi europei. Ma Obama era trendy, abbronzato, sorridente, radical chic e considerato, a torto, un pacifista. Però bucava lo schermo e raccoglieva il consenso del  popolino e dei pari suoi.
Trump se ne frega di tutto ciò. 
Lui è quello che prende a spintonate il primo ministsro del Montenegro per arrivare in prima fila, per portare in prima fila ciò che rappresenta: "Io sono l'America", sembra dire con orgoglio Trump, e sto giustamente in prima fila. 
Ma soprattutto è stato l’unico al G7 a cercare di porre un freno alle dissennate politiche europee, tutte in mano a gioiosi figli sinistrorsi del ’68, che prevedono l’accoglienza indiscriminata per tutti e verso tutti, portando a tassi di criminalità nel nostro territorio a livelli sempre più elevati, con costi insostenibili. Trump è stato l’unico che ha ricordato all’Europa che no, anche volendo non si può accogliere tutta l’Africa né tutto il medio oriente, che i confini e la sicurezza nazionale vengono prima di ogni politica di accoglienza e che lui, cioè l’America, non intende più cacciare un centesimo per assencodare le nostre deliranti politiche di accoglimento, una vera manna per ong, cooperative e altri enti che guadagnano sulla pelle di migliaia di disperati.
Ma tutto questo è passato in secondo piano. In primo piano c’è solo lo spintone al primo ministro, e non le idee che Trump porta avanti, e su  cui saremo sicuramente tutti d’accordo tra qualche anno, quando comunque sarà troppo tardi, soprattutto per i nostri figli. Come a dire che, mentre il saggio guarda la luna, lo stolto guarda il  dito.

Immagini: Il Corriere

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