Sono peggio
i balletti di nomine, le
poltrone agli amici, i topi e la spazzatura di Virginia Raggi o i 1526 feriti
di piazza San Carlo, la ragazza schiacciata dalla folla impaurita e le truppe
antisommossa per arginare i centri sociali con cui per anni i grillini, di cui
Chiara Appendino è il più alto esponente torinese, hanno fatto fronte comune nelle loro
varie lotte “contro” tutti e contro tutti, dalla No Tav agli sfratti?
E’ un bella domanda, su una questione che dopo un anno di
amministrazione di due tra le maggiori città italiane ad opera dei
pentastellati, porta a conclusioni simili, di pressapochismo e superficialità.
Nel senso che dopo un anno di amministrazione, si può tranquillamente affermare che Raggi e
Appendino condividono la loro comune palese inadeguatezza al ruolo ricoperto. Ma se per quanto riguarda Virginia Raggi
il suo stato catatonico e di smarrimento di fronte all'ingrato compito che la attendeva è stato evidente sin dal principio, gli occhi azzurri e
lo sguardo diretto della ragazza pedemontana avevano inizialmente tratto in inganno i torinesi, facendo
sperare per il capoluogo sabaudo un destino diverso.
Invece, alle prime vere necessità di governare realtà
complesse, oltre le solite trite iniziative cavallo di battaglia della sinistra sul modello pic-nic in città e a base di cortei
gay pride, domeniche ecologiche e altre amenità del genere, il sindaco di
Torino si è dimostrato non solo all’altezza della sua spaesata collega
romana, ma è riuscita persino a superarla: il clima di pericolo e di
insicurezza respirabile a Torino,
in ogni evento che comporti "l’assembramento" di più di tre persone - che siano
davanti a un mega schermo a vedere una partita, che sia per sorseggiare un
mohijto in zona Vanchiglia, uno dei tre quartieri torinesi a più alto tasso di
movida - è concreto e quasi palpabile.
Non è con i “contro”, né con la beata spensieratezza né con la gioventù da sola che si governa, e nemmeno con iniziative
bucolico-demagogiche e di facciata modello “panem et circenses”, ma con competenza,
autorevolezza ed esperienza.
Tutte doti che purtroppo, per Roma e Torino – ma anche nel
resto d’Italia - sono state messe da parte, scegliendo, un anno fa, la novità,
l’o-ne-stà sbandierata e l’inesperienza.
E ora, ne paghiamo le conseguenze, tutti, anche chi in quelle
novità, in quella onestà, in quel
movimento a base di urla e invettive e giovanotti disoccupati e all’oscuro della grammatica italiana, ora
saldamente assisi alle loro poltrone istituzionali e relativo stipendio, non ha mai creduto.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.