sabato 15 settembre 2018

LA ISOARDI, SALVINI E LA PROVA DEL CUOCO: STORIA DI UN LINCIAGGIO ANNUNCIATO



Premetto: sono di parte. 
La parte di Salvini, in quanto lo ritengo l’unico politco in grado di riportare, o almeno tentare di riportare ordine in un’Italia, e un’Europa, sempre più molle e priva di identità.
Ma questo non fa di me un’automatica fan di Elisa Isoardi.
Non ne seguo le trasmissioni e se la conosco è solo in quanto fidanzata di Salvini. Spinta dal clamore di questi giorni, ho guardato due minuti de La prova del cuoco, e l’ho trovata ancora impacciata, guardinga, lontana dalla sicurezza che davano alla burrosa Antonella Clerici i lunghi anni di monopolio ininterrotto.
A Elisa Isoardi ne han dette praticamente di tutte: antipatica, fredda, mal vestita, raccomandata e pure incapace di condurre un programma dedicato alla cucina. E in effetti la nuova versione de La prova del cuoco per ora non decolla, arranca, fa fatica e non raggiunge i livelli di gradimento e di pubblico ottenuti dalla precedenti edizioni: quasi mezzo milioni di telespettatori in meno rispetto alla prededente edizione condotta dalla Clerici nei primi giorni di programmazione.
A frotte sui social si sono scagliati contro la tapina, rimpiangendo la “Antonellina” nazionale, che dopo 18 atti di conduzione ininterrotta della Prova del Cuoco ha avuto ben modo, e soprattutto tempo, di crearsi un nutrito gruppo di aficionados, uno zoccolo duro che la rimpiange e la venera come la Madonna di Lourdes e che sarebbe disposto a portarla tranquillamente in processione, addobbata di panna montata e tagliatelle al pesto.  
Per quanto mi riguarda, riconosco comunque alla Isoardi il merito di averci liberato da “Antonellina” e dal suo carrozzone composto dalla voce gracchiante di Anna Moroni, dalle stucchevoli canzoncine dello Zecchino d’Oro riproposte all’infinito come una tortura cinese, dalle tagliatelle di Nonna Pina, dall’atmosfera caciarona e finto -familiare dello studio, così come finti erano gli assaggi della Clerici, che quando assaggiava un minuscolo cucchiaio di una qualsivoglia preparazione andava in estasi e masticava duro come se stesse mangiando un bue per traverso.
Gi haters in rete hanno giocato al tiro al piccione con la Isoardi, chi scrivendo che “la Isoradi sta alla prova del cuoco come Salvini sta agli immigrati”, chi consigliandole di cambiare fidanzato, chi anelando al suo mestiere e scrivendo “anche io voglio lavorare in RAI, dove tengono il ferro da stiro?
Ma ciò che fa più pensare, sono gli attacchi di parte, delle “femministe”, delle donne della sinistra, e che rivestono magari pure ruoli istituzionali, le boldriniane, sempre pronte a mostrare il sopracciglio dolente in casi umanitari e portatori di voti ma intolleranti con chi la pensa in modo diverso.
Una di queste, come riporta il Giornale, è la consigliera Pd del Comune di Milano Simonetta D'Amico, che sui social scrive: «Isoardi torna a stirare vedrai avrai più successo. Ma non preoccuparti il tuo fidanzato non ti farà cacciare dalla Rai tanto il canone lo paghiamo noi. Tranquilla!”. 
Un’ altra è l’ esponente del Pd Francesca Barraciu, ex sottosegretaria alla Cultura del governo Renzi (condannata per peculato sui rimborsi regionali in Sardegna), che scrive: «Se proprio la fidanzata di #Salvini non si può licenziare, suggerisco a RaiUno di provare a trasformare la trasmissione in La prova della stiratrice».
Attacchi, più che commenti, che, se avvenuti a parti invertite, cioè diretti da una donna di destra a una di sinistra, avrebbero subito evocato termini come “razzista”, “sessista”, avrebbero fatto invocare a gran voce Asia Argento e avrebbero messo sulla graticola mediatica l’incauta commentatrice. 
Ma la Isoardi è di destra. 
Anzi, non sappiamo nemmeno se è di destra, di sinistra, di sopra o di sotto, ma è findanzata con uno di destra, e tanto basta alle boldriniane dolenti. 
Quell’uno si chiama Matteo Salvini. 
E’ questo che non si perdona alla Isoardi.

lunedì 10 settembre 2018

CHIUSURA DOMENICALE DEI NEGOZI: UN VERO PECCATO



Tutti gli altri Paesi europei hanno qualche restrizione al lavoro festivo e domenicale? E allora? Basta questo per doverci allineare? La liberalizzazione completa dell'orario di apertura degli esercizi commerciali era una opportunità, una chance in più. I piccoli commercianti ne soffrono, si dice. Ma in un'economia di libero mercato, quando un'attività non è economica, cioè non riesce a stare sul mercato competitivamente, semplicemente chiude, tutto lì. Non è né cinico né impietoso, è semplicemente il libero mercato, la concorrenza perfetta. Lo Stato, in un'economia sana, semplicemente non avrebbe ragione di legiferare sull'attività dei commercianti, la regola già il mercato. La liberalizzazione totale era un passo avanti agli altri, un grande passo. Peccato che ora ci si voglia uniformare all'Europa. Ma questa Europa molle, assistenzialista, senza più radici e senza nerbo, è davvero un modello da prendere a esempio?

Immagini: ilgiunco.net

sabato 8 settembre 2018

STARBUCKS, I BAR ITALIANI E I CONFRONTI INUTILI

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Tutto quanto in questi giorni si sta dicendo e scrivendo, in bene o in male, sull'apertura di Starbucks a Milano, lo catalogo nella categoria "chiacchiere da bar". Perchè il confronto tra bar italici che offrono la tazzina di espresso o il cappuccino con la fogliolina di schiuma di latte appartengono a un'altra categoria, sono un'altra cosa rispetto a Starbucks. Starbucks non è solo caffè lungo, frappuccini o dolcetti american style. Starbucks è un modo di essere, un modo di dire "anche io", anche io sono cosmopolita, anche io bazzico gli ambienti che fanno "in", anche io appartengo alla truppa. Il caffè, il frappuccino, i prezzi, viene tutto dopo. L'improntate è esserci, andarne, parlarne, scriverne. Per questo non sono prodotti confrontabili, il bar e starbucks, sono capra e cavoli, sono due cose diverse: nel bar ci vado per bere il caffè al volo, magari un croissant. Da Starbucks ci vado perchè fa figo esserci, per dirlo agli amici e spiattellarlo su Facebook ai propri follower. Il confronto è inutile, la polemica sterile. Starbucks è più che altro fashion, selfie, andare sulla scia. Starbucks è Chiara Ferragni che si sposa con Fedez facendone una soap opera a misura di social. Chi entra da Starbucks non acquista (solo) un frappuccino, acquista un'immagine di sé da diffondere sui social o con gli amici.

immagini:  il Corriere