venerdì 24 marzo 2017

IKEA, IL NUOVO SPOT E E LA SMANIA DI FOTOGRAFARE IL CIBO





Siamo nel 1700, a occhio e croce.
Nella lussuosa sala da pranzo di un’aristocratica dimora, alcuni servitori in  parrucca e livrea portano le  portate del pranzo ai commensali. 
Una bambina prende una mela, cercando di portarsela alla bocca, ma il padre la blocca all’istante: prima il pasto deve essere “fotografato”, ma con i metodi del tempo, in cui telefoni e macchine fotografiche digitali erano ancora ben al di là da venire. Entra quindi in sala un trafelato pittore, che a tempo di record immortala le sontuose portate.
I commensali, costituiti dalla famiglia del signorotto, intanto son lì che aspettano rassegnati di poter pranzare. Ma dovranno ancora aspettare parecchio:  una volta terminato il quadro, infatti, inizia la parte più importante del rito: occorre condividere, occorre che tutti vedano la maestria con cui è stato preparato il cibo e l’abilità tecnica del fotografo di turno, vale a dire il pittore,  per soddisfare la vanagloria del padrone di casa con consensi e approvazione, vale a dire con gli omologhi degli attuali like e faccine sorridenti.
Già, ma nel ‘700 Facebook non c’era ancora, Mark Zuckerberg era ancora lì a giocare a Super Mario in un’altra dimensione e manco Instagram bazzicava per quei remoti lidi. E allora, come si fa? Semplice: gli affannati servitori si premurano di prendere il quadro e  caricarlo lesti lesti in carrozza, per  sottoporlo alla più vasta porzione di popolazione raggiungibile e ottenere l’agognato like. Il quadro viene quindi  portato in visione a varie categorie umane: coppie di amanti, duellanti, famiglie,  carcerati, tutti richiesti di visionare la tela e commentare a suon di pollici. Finalmente, raccolta una discreta quantità di like, il quadro torna a casa,  e i commensali possono finalmente iniziare il loro pasto. Di colpo, la scena cambia e viene portata avanti fino ai giorni nostri, con un padre intento a fotografare un pollo arrosto mentre la famiglia è lì che aspetta di poter pranzare. Ma questa volta,  al primo sbuffo di noia della figlia, il padre molla il  telefono e si inizia a pranzare tranquilli e beati, senza smania di foto e condivisioni. Take it easy, non è una gara, è un pasto! Firmato Ikea.
E’ questo infatti uno degli spot, realizzato qualche mese fa, tra i più riusciti del colosso svedese del mobile, e bisogna ammettere che mai  ritratto delle nuove manie che si stanno ormai impossessando del nostro buon senso è stato più azzeccato:  la nostra pulsione irrefrenabile a fotografare e postare cibo -  che sia cucinato da noi ma  anche solo più semplicemente consumato da noi,  ma preparato invece dalle più abili mani di un cuoco professionista nella cucina di un ristorante – sta ormai assumendo i contorni del ridicolo e del grottesco: non esisto se non   posto un piatto di patate arrosto, non sono nessuno se non ho nel mio  personale carniere di Instagram almeno una preda composta da un selfie con  qualche Massari o Bottura di turno, sono praticamente un paria degno di dispregio se non conosco a menadito l’agiografia di Carlo Cracco nonché il numero di stelle che ha raccattato ogni singolo chef sparso per il globo.
Solo qualche melenso retrogrado continua imperterrito a postare foto di tramonti e selfie con vallette e calciatori, categorie umane desuete, superate e consegnate al triste destino dell’oblio e della banalità: finiti i tempi in cui la foto con Totti era un trofeo da incorniciare, finiti i tempi in cui lo scatto con Jennifer Lopez era considerato al pari di una reliquia di Don Bosco. Ma soprattutto finiti i tempi in cui, arrivata la portata, ci si accingeva con  l’acquolina in bocca a gustarne il delicato sapore. Ora,  la portata che arriva non fa più venire l’acquolina in bocca a nessuno, a nessuno, se non a Enrico Crippa ,  importa più minimamente se il piatto cucinato con tanta cura  diventa freddo e perde la sua poesia. Anzi, molte volte, nelle cucine casalinghe, il piatto è stato cucinato apposta per essere fotografato, postato, condiviso, mica per essere assaporato. Ovvio quindi che importi di più che sia bello, piuttosto che sia buono. Tanto, anche se non è buono, su Instagram mica si vede…
E per vedere il video, cliccate qui

Crediti immagini: Ikea

del

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.