Allora, ha fatto tanto scalpore il fatto che la sindachessa
di Montevarchi, Arezzo, abbia in questi giorni deciso di “lasciare a pane e
olio” i bambini di una scuola comunale in quanto i genitori, morosi da un pezzo, avevano
bellamente ignorato decine di avvisi e solleciti di pagamento arretrati del
servizio mensa continuando a far usufruire del servizio i loro pargoli come se
nulla fosse.
Dopo tutti i tentativi andati a vuoto, l’amministrazione
comunale ha deciso che ai bimbi delle famiglie morose fosse servita solo una
fetta di pane con un po’ d’olio, la “fettunta”, a fronte del mancato pagamento delle famiglie,oltreutto,
riportano erroneamente alcuni, facendo accomodare i bambini in un tavolo
separato, il cosiddetto “tavolo della vergogna”.
Ora, è chiaro che quando si toccano bambini e animali, al
giorno d’oggi l’indignazione di bassa lega nonché i buoni sentimenti modello
libro Cuore siano d’obblio, ma se ci si prendesse la briga di analizzare meglio
la cosa si scoprirebbero diverse cose. Innanzi tutto non esiste nessuna gogna,
nessun tavolo della vergogna: i bambini sono fatti accomodare assieme agli
altri o, al limite, ai tavoli dove siedono quelli che si portano il pranzo da
casa. Nessuna vergogna, nessuna discriminazione, solo la voglia di alcuni di
cavalcare l’indignazione per acchiappare click e visibilità gratis.
Due, è vero, ai bambini è servito pane e olio. Ma è anche
vero che le famiglie in questione non sono quelle meno abbienti, a cui invece il pasto è assicurato, riferisce il sindaco, ma
famiglie abbienti, che semplicemente si “dimenticano” di pagare la mensa ai
figli, col risultato di spalmare il costo su quelli che già pagano, e che
magari sono meno abbienti di loro. Inoltre, è da tenere presente che le mense non cucinano “a
muzzo”, ma in base ai paganti: se ci sono utenze in più, il risultato sarà
sempelicmente che non ci sarà cibo per tutti, con la conseguenza di dover, per
poter servire tutti, ridurre le razioni
a coloro che giustamente pagano la loro retta. Risultato? Proprio per
non privare gli aventi diritto del pasto completo da questi pagato ma non
lasciare nemmeno i bimbi di genitori scellerati a bocca asciutta, si è pensato
di fornire loro ugualmente un pasto, ma economico se pur salutare: pane e olio.
Certo, è vero che i pargoli nulla possono della scempiaggine
di chi dovrebbe prendersi cura di loro, ma è anche vero che quando tutti le
altre opzioni legali e amministrative vanno a vuoto, non rimane che la
sospensione dell’erogazione del servizo, cosa che in questo caso non è
avvenuta, ma solo ridimensionata sotta forma di pane e olio. Chi si scandalizza
del comportamento della sindaca che lamenta un buco di 500.000 euro per pasti
non pagati da famiglie abbienti, dovrebbe forse far mente locale e pensare che
il cibo non è gratis, e che il loro comportamento da furbetti va a ledere tutta
la comunità. Si fa presto a indignarsi contro lo stato bieco e affamatore, meno
contro quei genitori che pretenderebbero di scaricare costi a cui sono
perfettamente in grado di far fronte
sui soliti cretini paganti. Pane e olio non sono arrosto e patate, ma non è nemmeno il
nulla assoluto. A volte, prima di indignarsi, occorrerebbe riflettere.
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