lunedì 1 ottobre 2018

LA TORTA TROPEZIANA DI UVA CONTRO LA TARTE TROPEZIENNE FRANCESE: ERA PROPRIO IL CASO?



Sotto, la torta tropeziana della pasticceria Uva, Torino




Sotto, la tarte tropezienne francese




E’ di questi giorni la notizia della battaglia legale che si sta svolgendo tra la rinomata pasticceria Uva, di Via San Secondo, amatissima dai torinesi, e i pasticcieri francesi. Il motivo del contendere? L’iniziativa, da parte della pasticceria torinese, di brevettare la loro “torta tropeziana”, composta da due dischi di pasta choux, cioè la pasta per  bignè, inframezzati da uno strato di crema pasticciera e panna.
Peccato che sia il nome, sia la composizione facciano subito tornare in mente un’altra tropeziana, o meglio la famosissima Tarte tropezienne, un orgoglio di Francia nata in Costa Azzurra negli anni ’50, e il cui nome è dovuto all’inventiva nientemeno che di Brigitte Bardot che, durante le riprese del film “E Dio creò la donna” a Saint Tropez, consigliò al fornaio che ogni giorno rifocillava il set con una morbida torta ripiena di crema di darle il nome di “tropezienne”.
Bene, secondo i pasticcieri francesi, la torta della pasticceria torinese è troppo simile alla Tropezienne per scipparne così il nome, e armati di carte bollate hanno deciso di fare causa alla Tropezienne secondo loro, farlocca e usurpatrice.
Ma davvero le cose stanno così? Davvero la pasticceria torinese sta scippando un titolo non meritato?
Allora, premetto che io ho assaggiato diverse volte la Tropeziana torinese. Ed è ottima, non c’è che dire, anche se la prima volta che mi è stata portata sono rimasta un po’ delusa. Quando mi è stato detto “ti ho portato una tropezienne”, ho subito pensato alla torta classica, quella francese, formata da un due strati di pasta brioche inframezzati dalla crema. Invece questa tropeziana torinese è sempre una torta inframezzata da crema, ma i due strati non sono di pasta brioche ma di pasta choux, quella dei bignè, delle zeppole o del Paris- Brest, per intenderci.  Ottima, certo, ma diversa dalla morbida consistenza data dalla pasta brioche. Eppure, il nome che i pasticcieri torinesi vorrebbero brevettare è proprio quello, torta tropeziana. Peccato che i francesi non siano affatto d’accordo, e nei giorni scorso abbiano spedito una raccomandata ai colleghi torinesi intimando loro di cambiare nome.  Un passo che i titolari della pasticceria Uva non intendono compiere, ribattendo che il loro dolce “non c’entra affatto con quello di Saint Tropez” e che a cambiare nome alla loro specialità “non ci pensiamo nemmeno”. Insomma, i due dolci, secondo Uva e il loro avvocato, sarebbero così diversi da non dare adito ad equivoci tra le due “tropeziane”.
Per me, questa volta, mi spiace dirlo, hanno ragione i francesi, per quanto antipatici e supponenti possano essere: non basta un disco di pasta choux al posto di pasta brioche per rendere distinguibile una torta che è famosissima in tutto il mondo (nonostante l’avvocato di Uva affermi che la Tropezienne sia conosciuta solo entro i confini francesi), e comunque, tra tutti i santi nomi possibili e immaginabili, se davvero si propone un dolce diverso, perché, con tutti i comuni che ci sono in Francia, o, perché no, in Italia, dargli proprio il nome “Tropeziana”? Oltretutto di un dolce a strati farcito di crema proprio come la tropezienne?

Ecco, ci sono volte in cui davvero non riesco a essere campanilista, non riesco a tifare Toro ovunque e comunque solo perché è la mia città, nemmeno per difendere un dolce comunque squisito ma che si rifà sottilmente a un grande classico francese. Per me, in questo caso, “vive la France”.

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